Questo mese abbandoniamo
per un attimo le tracce di artisti, streghe, letterati,
santi, burattini dal naso lungo e misteri toscani: visto
che non l' ho mai fatto prima in maniera esclusiva,
questa volta vorrei parlarvi dell'Agriturismo. Però
visto che non ce la farò a chiudere l'argomento nell'arco
di un solo articolo, ho pensato di dividerlo in due
parti. Non vi parlerò delle leggi - numerose - che lo
regolamentano a livello nazionale e regionale, perché
se questo può interessarvi potete trovare qui il materiale:
http://www.ambientediritto.it.
Piuttosto, vorrei dirvi come, grazie all'Agriturismo,
è cambiato il paesaggio rurale toscano e italiano più
in generale. Non solo il paesaggio è cambiato. L'agri-turismo
sta modificando fortemente il rapporto con persone straniere
che un tempo avveniva solo di sfuggita fra gli ombrelloni
delle nostre spiagge o nei musei delle nostre città.
Sta offrendo anche, alle nostre regioni, la consapevolezza
di potenzialità di sviluppo legate al recupero e alla
tutela delle rispettive tradizioni culturali, ambientali,
folcloristiche, eno-gastronomiche. E ciò non è poco.
In Italia gli agriturismo sono migliaia. Ciò senza contare
che l'ospitalità rurale è possibile anche in altre forme
(ville e dimore storiche, case-vacanza, affittacamere,
ecc.). Da dove spunta, dunque, tutta questa offerta?
Dai rovi, principalmente.
Fra gli anni Cinquanta e Settanta la campagna venne
largamente abbandonata in favore di luoghi e occupazioni
"cittadini". "La terra è bassa", si dice in Toscana,
e la fatica di chinarsi a coltivarla spesso bastava
solo a sopravvivere, raramente permetteva di stare al
passo con le esigenze imposte dalla nuova società industriale.
I miei ricordi partono dai primi anni Ottanta quando,
insieme ad altri bambini, percorrevamo in bicicletta
le strade assolate delle nostre campagne: la Toscana
è famosa per il suo paesaggio ondulato, fatto di colline
che attraverso vigneti, boschi o terrazzamenti punteggiati
di ulivi digradano fino a valle. E' famosa per queste
immagini, ma io, che ci sono nato, le ho conosciute
soltanto più tardi: a parte i boschi, tutto ciò che
allora era possibile scorgere dai crinali intorno a
casa mia erano fitte matasse scure dalle quali spuntavano,
come dita tese al cielo, pollóni di ulivi quasi soffocati
dai rovi. Certamente non era ovunque lo stesso: molte
aree rurali favorite dalla fama di vini o altri prodotti
di qualità eccezionale hanno continuato a ricevere cure
e manodopera, ma in generale questa era la realtà di
quegli anni, tanto più sconfortante se si pensa che
la campagna italiana e quella toscana in particolare
sono costellate di una miriade di antichi borghi, anch'essi
preziosi e a rischio di abbandono.
Se il corso delle cose è cambiato decisamente negli
ultimi quindici anni, se cioè la marmellata di more
di rovo è diventata una rarità, ciò è stato anche grazie
all'agriturismo, regolamentato per legge dal 1985. Oltre
che un modo per ottenere reddito da un immobile rurale,
quella legge e le successive hanno rappresentato un
incentivo a tornare a vivere e lavorare nella campagna
e nei piccoli borghi del nostro Paese: il recupero e
la tutela del territorio agricolo sono ovviamente condizioni
indispensabili per il funzionamento di un'offerta turistica
di questo tipo. Senza contare che parallelamente è sorta
una forte richiesta di genuinità alimentare (che ha
il suo culmine nella produzione biologica), di artigianato
e cucina tradizionale, di luoghi che permettano una
vacanza rilassante e a stretto contatto con la natura:
tutti elementi legati a "doppio nodo" con l'agriturismo.
Certamente alcuni problemi non sono mancati né mancano
tuttora: non sempre la ristrutturazione delle vecchie
case coloniche è stata fatta nel pieno rispetto della
concezione architettonica originale; tuttavia, e avrete
modo di valutarlo di persona, nella grande maggioranza
dei casi l'attenzione a quest'aspetto è stata a dir
poco encomiabile. D'altra parte, i nuovi standard di
comfort hanno necessitato l'immissione di elementi finora
estranei ai nostri ambienti rurali (piscine, antenne
parabole, giardini curati con prati "all'inglese").
In ogni caso, al di là delle antenne sui tetti, l'impegno
di tante persone in un settore che garantiva ben poche
certezze - specialmente all'inizio - contribuisce in
modo determinante al recupero e alla diffusione del
proprio passato, delle proprie tradizioni, del proprio
modo di essere e di vivere. Tutto ciò appare come una
via interessante e ancora aperta per il futuro; ma è
grazie a voi, attenti in numero sempre maggiore all'autentico
valore di un viaggio, che può mantenersi viva l'idea
di tutelare e trasmettere il patrimonio di ogni identità
locale, per di più espressa in tutte le sue forme: dal
proverbio contadino al grande palazzo affrescato.
Damiano Andreini |