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Montecristo:
l'isola che non c'è
«Amico - disse la fanciulla - non ci ha forse
detto il conte che l'umana saggezza consiste tutta nelle parole:
aspetta e spera?»...
Così si conclude uno tra i più famosi romanzi
di Alexandre Dumas: il Conte di Montecristo. L'associazione
non è casuale: a proposito di Montecristo infatti, e
visto che in Toscana continua a piovere, questa volta potremmo
andarcene verso il mare. Anzi, in mezzo al mare
L'Isola di Montecristo:
Non so perché, ma ho sempre avuto l'impressione che sulle
piccole isole in mare aperto ci sia sempre il sole. L'Isola
di Montecristo,
a circa 40 miglia dalla costiera grossetana, è famosa
soprattutto per aver dato il nome al romanzo di Dumas che nel
1842 vi arrivò con un amico a bordo di una piccola imbarcazione
e la scoprì subito "fantastica e solitaria, odorante
di timo e di ginestra". Ma quest'isola piccola,
dalla forma di "uno diamante apuntato", ha cose anche
più affascinanti da raccontare, a partire dal nome: i
Greci l'avevano chiamata Artemisia, i Romani Oglada o anche
Mons Jovis. Si racconta poi che nel V sec. d.C., in seguito
alle persecuzioni che i Vandali stavano attuando in Sicilia,
vennero a rifugiarsi sull'isola San Mamiliano, allora vescovo
di Palermo, e alcuni suoi compagni di fede.
Immaginiamoli, dopo aver inutilmente cercato riparo in Africa,
in Sardegna e sull'Elba, con le rughe sul volto scavate dal
sale e dal disperato vagare di mesi, trafelati e stanchi approdare
finalmente su questa terra quieta e serena: salvi, pensavano,
insieme alla loro fede. Ma le pene del santo non erano finite:
narra la leggenda che, appena giunto sull'Isola,
San Mamiliano lottò contro un drago e lo uccise, sbattendolo
su una roccia da cui iniziò a zampillare quella fonte
d'acqua freschissima che ancora oggi dà vita alle piante
e agli animali che abitano l'Isola. San Mamiliano (i cui resti
mortali sono oggi conservati nella chiesa di San Matteo a Pisa)
e i suoi compagni vi fondarono quindi un Monastero che intitolarono
"Monte Cristo": così l'Isola prese il nome
che ancora oggi conserva. Nei secoli successivi, il monastero
incontrò gravi difficoltà: il Mediterraneo era
allora solcato dalle navi dei corsari che ne saccheggiavano
in lungo e in largo le coste e si stabilivano poi sulle piccole
isole usate come base.
Per secoli i nobili Toscani e
la Chiesa continuarono ad inviare a Montecristo nuovi monaci
e famiglie di militari allo scopo di tenere lontano il pericolo
corsaro, ma inutilmente: sembra addirittura che, nel '500, due
fra i più famosi pirati della storia, il Barbarossa e
il suo successore Dragut, avessero scelto proprio Montecristo
come una delle loro basi preferite. Proprio in quegli anni,
mentre in Italia si era nel pieno Rinascimento, in Europa si
combattevano le prime guerre di religione e nel Centro America
Cortés guidava il suo esercito alla sanguinosa conquista
del Messico, sulla piccola Isola di Montecristo Dragut, il pirata,
nascondeva meravigliose ricchezze accumulate in anni di scorribande
corsare. Questo, almeno, è quanto si racconta.
Il miraggio del tesoro di Dragut
ha infatti generato, nei secoli, affannose quanto inutili ricerche.
Chissà se è mai esistito, come la grotta segreta
e inaccessibile in cui sarebbe stato nascosto. Probabilmente
non lo sapremo mai: a Montecristo è consentito l'arrivo
di 50 turisti al giorno accompagnati e scortati, per un totale
di 1000 visitatori all'anno.
Le visite sull'isola hanno una
durata massima inferiore al giorno (viaggio compreso) e quest'anno
partiranno per l'Isola solo coloro che ne hanno fatto richiesta
nel 2001! Visitarla davvero è quasi un'impresa ma, in
fondo, poco importa: Montecristo, odorante di resine e di oleandri,
popolata nei secoli da santi, draghi, monaci e pirati, ricca
di boschi, scogliere, animali selvatici e fonti d'acque freschissime,
rimane nella nostra fantasia come " l'Isola che non c'è
": misteriosa, "magica e bella". Ci basti continuare
a immaginarla così.
Damiano Andreini |
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