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PINOCCHIO
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Allora,
c'era una volta... - Un personaggio di Walt Disney!, diranno
subito i più piccoli tra i miei lettori. No, ragazzi,
avete sbagliato. C'era una volta la favola di un burattino,
Pinocchio, scritta nel 1881 dallo scrittore toscano Carlo
Collodi nel toscanissimo quartiere di San Lorenzo a Firenze.
Certo, quando Collodi scriveva "Le avventure di Pinocchio",
un secolo fa, non poteva immaginare quale enorme successo
avrebbe ottenuto la sua favola: veniva considerato uno
scansafatiche e un buono a nulla; aveva vissuto da anarchico
e quando morì, nel 1890, forse nessuno si accorse
che con lui se ne andava uno dei più geniali scrittori
di tutti i tempi.
Sapete perché Collodi ha scelto per il suo burattino
il nome "Pinocchio"? Circa a metà della
strada che collega Firenze a Pisa, c'è un gruppetto
di case chiamato da secoli Pinocchio. |
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Nell' '800 era un luogo malsano, non ancora del tutto
bonificato e abitato da gente poverissima, di cui soprattutto
i pidocchi (detti da quelle parti appunto pinocchi) dovevano
essere tristemente famosi. Bene, si sa anche, da alcuni
documenti, che Collodi passò di lì e vi
si fermò per alcuni giorni. Adesso basterà
leggere l'inizio del terzo capitolo del libro per scoprire
l'origine del nome dato al burattino più famoso
del mondo! Le avventure del burattino-bambino le conosciamo,
anche perché il libro è stato tradotto in
quasi tutte le lingue del mondo (260, sembra, di cui l'ultima
è il Papiamento, lingua delle isole delle Antille
Olandesi!): Pinocchio, attraverso mille peripezie, piccole
bugie e conseguenti pentimenti, da burattino animato viene
alla fine premiato e trasformato dalla buona fatina in
un bambino in carne e ossa.
Ma c'è un punto nel libro in cui si cela un messaggio
ben più profondo e straordinario: nel XXXV capitolo
troviamo Pinocchio inghiottito da un enorme Pescecane,
nel cui stomaco incontra il padre Geppetto, ormai vecchio
e logoro, anch'egli preda del mostro marino a seguito
di un naufragio. Ma mentre il babbo anziano è ormai
rassegnato a non potersi più liberare (si ciba
di pesciolini in attesa della morte), Pinocchio invece
non ci sta a lasciarsi digerire dallo stomaco del Pesce.
Vuole fuggire, vuole vivere. "Non c'è tempo
da perdere, bisogna fuggire...", alle cui parole
il vecchio oppone una ambigua resistenza; è anziano
e debole, non ha più forza né volontà.
Ma Pinocchio ha deciso, sorreggerà il suo vecchio
e uscirà insieme a lui dal Pescecane, per poi nuotare,
Geppetto in spalla, verso la riva, che è salvezza,
o comunque un mondo migliore. Ci riuscirà Pinocchio,
e sarà bambino, o meglio, Persona.
Come non scorgere in Pinocchio, ormai alla fine della
sua vita da burattino, la sete sana di riscatto che spinge
i giovani a "nuotare", per sé e per gli
altri, verso nuovi orizzonti di libertà Pinocchio
è un inno alla vita. Perciò vi invito caldamente
a leggerlo o a rileggerlo, magari insieme ai vostri bambini.
Se poi avrete modo di venire in Toscana, vi ricordo che
a Collodi (Pistoia), paese dove nacque l'autore di Pinocchio
e da cui prese il cognome, c'è un bellissimo Parco-giochi
interamente dedicato al nostro burattino e frequentato
ogni anno da migliaia di bambini: ci sono tutti i personaggi
della favola, inseriti in maniera sapiente all'interno
di un percorso realizzato nel verde delle colline pistoiesi.
Ricordo che da piccolo vivevo quel parco come un sogno,
e ancora oggi, quando mi capita di andarci, mi diverto
anche solo a osservare le facce incredule e felici dei
bambini... di tutte le età!
Damiano Andreini
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