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"CIPRESSI
QUARTA
nel corso delle ultime newsletter abbiamo cercato di tracciare
una breve storia ?della pittura toscana attraverso l'evoluzione
che in essa ha avuto il paesaggio ?e, in particolare, uno dei
suoi massimi simboli: il Cipresso. A questo punto vorrei innanzitutto
ringraziarvi perché ?anche l'ultima newsletter, in cui
si parlava del paesaggio nella pittura del ?Rinascimento, ha
suscitato una quantità - e qualità - di riscontri
che sinceramente ?non avrei previsto anche nel più ottimistico
dei pronostici. ??Questa volta, facendo un notevole salto in
avanti nella storia, vorrei raccontarvi ?di quello che a ragione
viene considerato il più importante movimento artistico
?toscano e italiano di tutto l'800: la scuola dei Macchiaioli.
Se ve ne parlo, ?è perché a mio parere nessuno
come i pittori di questa scuola è mai riuscito ?a esprimere
la "verità" e il "sentimento" della
nostra terra in maniera ugualmente ?profonda. ??Siamo a Firenze,
intorno al 1850. La Toscana è ancora un Granducato, l'Italia
?è una costellazione di regni scollegati fra loro. Mentre
la città continua a ?sostenere uno stanco stile accademico,
al Caffè Michelangelo, in Via Larga (oggi ?Via Cavour),
un gruppo di giovani artisti è riunito a discutere di
un nuovo linguaggio ?pittorico capace di farsi motore per la
ripresa dell'arte non solo a livello ?regionale, ma anche nazionale:
che sia in grado cioè di accompagnare su un piano ?culturale
quel processo di Unità d'Italia che tutti, ormai, avvertono
vicino ?e concreto. ??Ma la straordinaria novità di questo
gruppo di artisti sta nel loro interesse ?per il paesaggio.
Guardate questo quadro di Silvestro Lega, ad esempio: ("Il
?canto dello Stornello", 1867, Firenze, Palazzo Pitti:
HYPERLINK "http://cgfa.sunsite.dk/l/p-lega1.htm" http://cgfa.sunsite.dk/l/p-lega1.htm
?). La solida volumetria delle tre giovani e la loro solenne
disposizione intorno ?al pianoforte, offrono il tono di un affresco
quattrocentesco toscano, ricordando ?Masaccio o Piero della
Francesca. Ma è al di là della finestra che dobbiamo
guardare ?se vogliamo apprezzarne la modernità: chi tra
voi è stato in Toscana in un giorno ?assolato di maggio
o giugno, potrà garantire che quella è la luce
e che quelli ?sono i colori della nostra campagna. Potrà
garantire che quella è l'esatta intensità ?di
luce che penetra da una finestra e si stampa sopra un pianoforte,
sul volto ?o sul proprio vestito. E che lontano, le colline
più alte si tingono esattamente ?di quell'azzurro tenue
e impalpabile.??Da un punto di vista strettamente artistico,
la loro riflessione è piuttosto ?semplice: l'uomo percepisce
la realtà che ha intorno grazie alla luce che investe
?tutte le cose e le colora: noi percepiamo il mare, il cielo,
un muro, una scogliera ?o una collina fiorita, per nette campiture
di colore, più o meno ampie. E' solo ?grazie ai colori
generati dalla luce che percepiamo gli oggetti. Così,
nell'intento ?di riprodurre la "verità" del
paesaggio, la pittura dei Macchiaioli è stesa in ?campi
di colore pressoché uniformi: per "macchie"
appunto ( HYPERLINK "http://www.ipermedianet.com/crespinart/quadri/Quadro_21.html"
http://www.ipermedianet.com/crespinart/quadri/Quadro_21.html),
?anche se in origine questo termine fu coniato in senso spregiativo
dalla critica, ?incapace di percepire la freschezza del nuovo
linguaggio artistico. ??Nella maggior parte dei casi, i Macchiaioli
dipinsero i loro paesaggi su piccole ?o piccolissime tavolette
rettangolari dalla forma molto allungata, così da allargare
?il campo della visione orizzontale. Ma ciò che ha segnato
una vera e propria ?svolta per molti di essi, è stato
il prolungato soggiorno fra Castiglioncello ?e Livorno, sulla
magnifica Costa degli Etruschi. Vi erano ospitati da un loro
?amico e protettore: Diego Martelli ( HYPERLINK "http://www.virtualmuseum.it/cronologia/fattori/01.htm"
http://www.virtualmuseum.it/cronologia/fattori/01.htm). ?Intorno
a Castiglioncello, già allora una delle aree costiere
più visitate della ?Toscana, gli artisti ebbero l'opportunità
di studiare e dipingere all'aria aperta ?le campagne, il mare,
le spiagge e i porticcioli lungo la costa: così i Macchiaioli
?ci hanno lasciato il più corposo repertorio di dipinti
di paesaggio toscano: ?nasce con loro il genere della "riviera".
L'attenzione per la resa della luce ?era per loro così
importante che erano soliti ripetere lo stesso soggetto dipingendolo
?nelle diverse ore del giorno, come avvenne anche per quest'opera
di Giuseppe ?Abbati ("La casa di Diego Martelli a Castiglioncello,
1862: HYPERLINK "http://www.ipermedianet.com/crespinart/quadri/Quadro_03.html"
http://www.ipermedianet.com/crespinart/quadri/Quadro_03.html).
?La fragile staccionata di steccato interrotta dal grigio canniccio
del cancello; ?le galline (naturalmente di razza livornese)
che razzolano sul campo ingiallito ?dal sole; il contorno basso
e largo della casa colonica: tutti questi elementi ?sono legati
dal pittore in un'armonia perfetta grazie a un uso magistrale
della ?luce. Al "sentimento" interiore del luogo si
accosta dunque la "verità" di un ?preciso momento
del giorno ( HYPERLINK "http://www.ipermedianet.com/crespinart/quadri/Quadro_04.html"
http://www.ipermedianet.com/crespinart/quadri/Quadro_04.html).
??Anche se oggi il pittore forse più famoso del gruppo
è Giovanni Fattori, l'ultima ?opera che mi preme molto
presentarvi è ancora di Silvestro Lega: si tratta del
?"Pergolato" detto anche "Un dopo pranzo",
del 1868: ( HYPERLINK "http://cgfa.sunsite.dk/l/p-lega3.htm"
http://cgfa.sunsite.dk/l/p-lega3.htm). ?Il giardino di ogni
casa di campagna toscana ha - oppure aveva - il suo pergolato:
?un graticcio in legno su cui si facevano rampicare piante di
vite. Nemmeno le ?ville, a quanto pare, ne erano prive. E visto
che non ci sono "macchie" d'uva ?sulle viti, mentre
invece il grano è già alto nei campi oltre il
pergolato, evidentemente ?ci troviamo ancora all'inizio dell'estate,
più o meno in questo periodo. L'ombra ?lunga delle figure
in primo piano precisa il pieno pomeriggio: il momento adatto
?per un tè o un caffè, servito alle signore sedute
sul muretto da una governante ?che ha già lasciato le
tazzine e lo zucchero sulla panchina in pietra serena. ?Allora
come oggi, gli spazi della corte erano solitamente decorati
con un pavimento ?in cotto e con numerosi vasi - anch'essi in
terracotta - per fiori o piante di ?limoni, aranci e mandarini
che nella nostra regione, a differenza che in Sicilia, ?d'inverno
vengono ricoverati in ambienti riparati dal freddo. L'ozio composto
?delle signore è in perfetta armonia con l'immobile silenzio
della natura che ?le circonda. Lontano, oltre il fienile sulla
destra, un filare di cipressi amplifica ?l'eco di questa immensa,
"profondissima quiete".
Cipressi 1, 2,
3 e 4.
Damiano Andreini
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